Il 27 ottobre 2007 andai all’assemblea del neonato partito democratico con tanto entusiasmo. Ricordo come fosse oggi il grande applauso che venne riservato a Romano Prodi, più grande ancora di quello che riservammo a Veltroni.
Me ne tornai però a casa con tanta tristezza addosso.
I fischi saliti dalla platea dei delegati quando dal palco Anna Finocchiaro pronunciò il nome dell'ex segretario Dc Ciriaco De Mita, in quanto membro della Commissione Statuto del neonato partito, furono solo l’espressione terminale del malessere che già circolava attorno alle liste dei “nominati”.
A Roma, per votare lo statuto, decisi di non andarci.
Ieri mattina mi sono alzata alle tre per andare a Roma e confesso che più volte mi sono chiesta chi me lo facesse fare.
Da Brescia siamo partiti in 8. Altri tre o quattro bresciani li abbiamo incontrati là.
Non si può certo dire che si respirasse un grande entusiasmo. Vi era chi sosteneva che fosse meglio andare alle primarie subito, chi invece appoggiava la soluzione di eleggere Franceschini come segretario protempore.
Io non avevo ancora deciso cosa fare. Ma poi, dibattuta tra le ragioni del cuore di Morando e Gad Lerner, e l’invito alla razionalità di Fassino e Rosy Bindi, mi sono convinta anch’io che stavamo per correre un grande rischio; il rischio che tutto venisse gettato al vento. Continuavo a pensare a San Felice, continuavo a chiedermi con che faccia avremmo potuto convocare la nostra gente per le ennesime primarie per votare il nuovo segretario nazionale del PD, quando non abbiamo neppure voluto sapere da loro chi vorrebbero come candidato sindaco.
Quando poi, votata l’opzione dell’elezione immediata del nuovo segretario, Franceschini ha parlato, è stata per me una grande sorpresa.
E me ne sono tornata a casa felice e con quell’entusiasmo che Walter Veltroni non mi aveva saputo trasmettere.
Me ne tornai però a casa con tanta tristezza addosso.
I fischi saliti dalla platea dei delegati quando dal palco Anna Finocchiaro pronunciò il nome dell'ex segretario Dc Ciriaco De Mita, in quanto membro della Commissione Statuto del neonato partito, furono solo l’espressione terminale del malessere che già circolava attorno alle liste dei “nominati”.
A Roma, per votare lo statuto, decisi di non andarci.
Ieri mattina mi sono alzata alle tre per andare a Roma e confesso che più volte mi sono chiesta chi me lo facesse fare.
Da Brescia siamo partiti in 8. Altri tre o quattro bresciani li abbiamo incontrati là.
Non si può certo dire che si respirasse un grande entusiasmo. Vi era chi sosteneva che fosse meglio andare alle primarie subito, chi invece appoggiava la soluzione di eleggere Franceschini come segretario protempore.
Io non avevo ancora deciso cosa fare. Ma poi, dibattuta tra le ragioni del cuore di Morando e Gad Lerner, e l’invito alla razionalità di Fassino e Rosy Bindi, mi sono convinta anch’io che stavamo per correre un grande rischio; il rischio che tutto venisse gettato al vento. Continuavo a pensare a San Felice, continuavo a chiedermi con che faccia avremmo potuto convocare la nostra gente per le ennesime primarie per votare il nuovo segretario nazionale del PD, quando non abbiamo neppure voluto sapere da loro chi vorrebbero come candidato sindaco.
Quando poi, votata l’opzione dell’elezione immediata del nuovo segretario, Franceschini ha parlato, è stata per me una grande sorpresa.
E me ne sono tornata a casa felice e con quell’entusiasmo che Walter Veltroni non mi aveva saputo trasmettere.
Buon lavoro segretario!
Michela Tiboni