martedì 25 novembre 2008

il PD delle persone e il PD delle poltrone

La cronaca nazionale ci sta proponendo in questi giorni un PD davvero raccapricciante. La vicenda della vigilanza Rai con Villari indisponibile ad un qualsiasi ragionamento di interesse istituzionale prima che personale. L’imboccata di Latorre a La7. L’assessore regionale del Lazio Di Carlo che si dimette per quello che dice fuori onda, o meglio per la situazione disastrosa dello smaltimento dei rifiuti a Roma descritta da Report. Sono tre casi enormi, che in altri stati “normali” avrebbero singolarmente provocato un cambio radicale della classe dirigente di un partito,in meno di una settimana. In Italia cosa accade? Assolutamente nulla.
Non penso proprio che i cittadini che hanno votato PD, che si sono messi in fila il 14 ottobre del 2007 per far nascere un partito diverso, si meritino questo.
Credo davvero che si sia uno scollamento gravissimo fra il PD delle persone e il PD delle poltrone, una distanza che deve essere colmata il più rapidamente possibile con un energico cambio di rotta e, credo davvero, anche di timoniere.

lunedì 17 novembre 2008

"il Bartezzaghi" ... ovvero ....il Governo taglia i fondi ai Comuni

"A partire dagli anni cinquanta Bartezzaghi è stato il curatore di un raffinato e difficile cruciverba a schema libero pubblicato sulla Settimana Enigmistica a pagina 41, conosciuto fra gli appassionati brevemente come il Bartezzaghi. La popolarità di questo schema ha finito col superare i confini specialistici dell'enigmistica; nel 1976 Piero Mazzarella aggiunse nella commedia di Aldo De Benedetti Due dozzine di rose scarlatte la battuta "Quel tale è più complicato del Bartezzaghi", riconoscendo l'assunzione a classico per antonomasia del celebre enigmista (... altro)."

Questa premessa spiega il titolo del mio post, ovvero illustra come mi sono trovato quando ho tentato di leggere questa tabella pubblicata dal Giornale di Brescia lo scorso venerdi 14 novembre a completamento dell'articolo intitolato "Il Governo taglia i fondi ai Comuni".

Davvero non sono riuscito a capire molto bene i dati e la spiegazione dell'articolo mi risulta non del tutto chiara. Emerge però un quadro complessivo chiaro ed inequivocabile i nostro comuni (tutti!!!) avranno nel corso del 2008 meno risorse del passato e il taglio dell'ICI sulla prima casa non è stato per nulla indolore per i bilanci comunali, anzi! Mi pare di capire che San Felice abbia avuto un trasferimento di risorse dallo stato centrale ridotto di circa l'11% rispetto al 2007, trasferimento che era già inferiore a quanto avuto nel 2006.

Il Governo taglia i fondi ai Comuni (dal GdB del 14.11.2008)
Il Ministero dell'Interno ha da poco reso noti i dati relativi ai trasferimenti statali nei confronti dei Comuni bresciani. Da quanto si evince, nel 2008, le nostre Amministrazioni locali dovranno far fronte ad una riduzione dei sussidi pubblici per una cifra complessiva di 17.646.675,30 euro.
Nella tabella sono elencati i valori delle sovvenzioni elargite dal Governo a tutti i Municipi della nostra provincia a partire dall'anno 2006. In questo modo il lettore potrà effettuare un confronto con i trasferimenti incassati dai sindaci bresciani nel 2007 e nell'anno in corso. Non solo. In dettaglio viene rilevato anche la quota di rimborso Ici sulla prima casa compresa nel trasferimento statale in questione e a quanto ammonta il valore reale (depurato proprio dalla quota d'Ici sull'abitazione principale rimborsata) del sussidio statale.
É possibile verificare, inoltre, anche a quanto corrisponde, in termini percentuali, l'ammontare dei tagli subiti da ogni Amministrazione locale. Infine, nelle ultime colonne del grafico, è possibile definire la quota d'imposta comunale sugli immobili (Ici) competente ad ogni Comune secondo i dati aggiornati al 2006. Il valore della "Quota Ici" espresso in coda al grafico si riferisce invece all'incidenza dell'imposta sulla prima casa sulla quota complessiva dell'onere comprensiva di imposta sulla seconda casa, su terreni e altri fabbricati.
Ricordiamo che i dati in questione provengono dal Ministero dell'Interno e che sono valori pubblicati nei primi giorni di novembre. Pertanto potranno essere oggetto di rettifica, da parte del Ministero, entro fine anno.

venerdì 14 novembre 2008

Oggi .... sciopero

Non è il mio primo giorno di sciopero, ma di solito altri decidevano per me, nel senso che non facevo lezione per il semplice fatto che le aule non venivano aperte dal personale che, scioperando, non era presente in Facoltà.
Oggi però è diverso: ho scelto io di non fare lezione e di non andare in aula. E' una differenza grossa per me: oggi è il mio primo vero giorno di sciopero!

giovedì 13 novembre 2008

Chiamatemi Barone

Chiamatemi Barone. L'ho detto a mia moglie, ieri sera, dopo aver sentito ripetere questa definizione almeno una decina di volte, in tivù, nei salotti dove si discute delle sorti dell'umanità. Da Vespa e da Mentana. Da Floris e da Santoro. Ospiti: la variegata tribù di lotta e di governo, che si affolla intorno e dentro l'Università. Studenti pro e contro, manifestanti di sinistra e di destra, agitatori e agitati, rumoreggianti e silenziosi. Occupanti e occupati. Poi, filo-ministeriali e oppositori democratici. Infine, professori. Pardon: "baroni". Perché ormai è dato per scontato: i professori universitari sono "baroni". Tutti. Reclutati in base a criteri clientelari, attraverso concorsi-truffa, che a loro volta provvedono, puntualmente, a riprodurre. Reclutando, a loro volta, ricercatori e professori in base a logiche di fedeltà. Schiavi e servi della gleba, che, dopo secoli di precarietà, un contratto oggi, una borsa domani, un dottorato e un post-dottorato dopodomani, giungono, alla fine, stremati, all'auspicato posto fisso. Per fare i ricercatori fino a diventare professori. Naturalmente "per anzianità" (così si dice). Senza rispetto per il merito e per la produzione scientifica, didattica e organizzativa. "Baroni", appunto. I veri colpevoli del dissesto dell'Università italiana. Del degrado del sapere nazionale. Dell'ignoranza che regna fra i giovani. E, anzitutto, del disastro finanziario. Del deficit crescente di risorse. Provocato non tanto dai tagli di questo governo e da quelli precedenti, ma da loro (da noi): i baroni. Che prendono lo stipendio senza fare nulla. (Soggiogateli ai tornelli!). Incapaci di gestire le università. Colpevoli della moltiplicazione dei corsi e delle sedi, dovunque. Le università telematiche e quelle tascabili, fuori porta. Che promettono e permettono la conquista del titolo di dottore a tutti. Giornalisti, carabinieri, poliziotti, infermieri. Volontari e involontari. Perfino i politici. Beneficiati da un monte-crediti formativi tale da permettere loro di laurearsi in pochi mesi, con pochi esami. Dottori in Scienze della futilità. Questi "baroni": fannulloni, perfidi e manovratori. Capaci di manipolare gli studenti. Di farli scendere in piazza insieme a loro, per loro, con loro. Invece che "contro" di loro.
Tutti baroni. Tutti. Inutile eccepire ... Inutile osservare che tu, io, lui, noi - alcuni, magari molti - lavoriamo e insegniamo in modo assiduo e regolare, facciamo ricerca, pubblichiamo libri e saggi, perfino su riviste internazionali (un'aggravante: dove troviamo il tempo per fare tutte queste cose? Per scrivere e per studiare? Partecipare a convegni in Italia e addirittura all'estero?). Per sostenere le nostre attività, cerchiamo - e qualche volta troviamo - finanziamenti. Non solo pubblici: perfino privati. Le eccezioni non contano. Sono conferme alla regola. Inutile osservare che se ci fosse un sistema di reclutamento e di valutazione universalista, criteri di finanziamento fondati su parametri "misurabili" di qualità e quantità ... Inutile. Perché tutto ciò non c'è. E se non c'è, inutile prendersela con il legislatore. La colpa è dei "baroni". D'altronde, quanti baroni infiltrati in Parlamento e perfino nel governo... Insomma, è inutile entrare nel merito, precisare. Quando da "professori" si diventa "baroni" le distinzioni cessano di avere rilievo e significato. Suggerirle, evidenziarle: è perfino fastidioso. Perché possiamo differenziare i professori, i quali possono essere bravi, capaci, laboriosi, prestigiosi, oppure fancazzisti, ignoranti peggio degli studenti, arroganti, fannulloni nullafacenti e nullapensanti. Ma i "baroni" no. Perché traducono fenomenicamente una categoria sostanziale: la "baronità". Per cui i baroni sono i signori oscuri di una terra oscura. Avvolta nelle nebbie. Anche la semantica, d'altronde, condanna e stigmatizza la categoria. Ridotta a una variante della "casta". Definizione usata, fino a qualche mese fa, per catalogare (e insultare) i politici. Ora, invece, lo stesso termine è applicato con analogo disprezzo, ai professori dell'università. La casta dei baroni. Titolari di privilegi ereditati ed ereditari. Dotati di un potere arbitrario. Un ceto "nobiliare", appunto.

L'ho rammentato a mia moglie, come scrivevo all'inizio di questa "bussola" un po' scombussolata. Da oggi io sono un Barone. E lei, di conseguenza, una Baronessa. Intanto, i Baronetti - ignari di essere divenuti tali - se ne stavano nelle loro stanze, intenti a studiare.

Chissà che invidia il Presidente del Consiglio. Lui, con i suoi successi, riconosciuti da tutti: soltanto Cavaliere.


Di Ilvo Diamanti - (31 ottobre 2008)

martedì 11 novembre 2008

San Felice parla di San Felice - 2

Riporto in questo post l'intervento di Michela Tiboni in apertura della serata dedicata a San Felice svoltasi questa sera, 11 novembre 2008.

Questa serata è stata organizzata da me e David Vetturi, mio marito, a titolo personale.
Non si tratta dunque di un’attività che si colloca nell’alveo delle attività del Partito Democratico, di cui peraltro io e David facciamo parte.
David infatti ha operato in prima persona affinché anche a San Felice vi fosse un circolo del PD e fa parte del direttivo di circolo.
Io vi faccio parte di diritto, essendo consigliere comunale e fondatore del PD.
Questo perché sia chiara la nostra militanza politica in un’area ben precisa.

Ma vorrei che fosse altrettanto chiaro che questa serata non è organizzata dal PD. È una serata che vuole essere aperta a tutti, al di là degli schieramenti politici. Aperta a tutti coloro che vogliono essere parte attiva del processo di governo locale.

Il motivo che ci ha spinto ad organizzare un incontro dedicato a San Felice è da ricercarsi nella volontà di ripartire da dove ci si era lasciati ormai più di due anni fa.
In occasione dell’avvio del PGT io rivestivo il ruolo di assessore all’urbanistica e avevo fortemente voluto degli incontri di ascolto, organizzati per tematiche, in cui ci eravamo chiesti “Quale sviluppo per San Felice?”.
Io vorrei proprio ripartire da lì, cercando di riprendere un filo con la comunità di San Felice, un filo che a mio avviso, proprio su questi temi, l’amministrazione comunale non ha voluto continuare a tessere, ma anzi ha spezzato.
Mi si dirà che ciò non è vero, che sono stati adottati sistemi diversi di comunicazione e partecipazione, che la partecipazione si fa anche incontrando i cittadini in piazza e al bar.
Io credo che certi discorsi meritino una riflessione un po’ più profonda di quella che può nascere davanti ad un aperitivo.

La serata di oggi non vuole però essere finalizzata ad una discussione attorno al PGT; ha l’ambizione di puntare più in là, iniziare ad allargare il discorso ai temi che riguardano il nostro territorio e la nostra comunità.
Se poi il discorso andrà a cadere sul Piano di Governo del territorio, ben venga; io sono la prima a credere nella centralità di questo strumento, che non è più, come lo era il PRG, solo uno strumento di conformazione dei suoli; è, come dice il nome stesso, uno strumento per governare.

Le tante voci che si sono levate contro la proposta di PGT che l’amministrazione comunale ha presentato sono una dimostrazione dell’interesse dei sanfeliciani nei confronti del proprio territorio.
Se si avesse avuta l’umiltà di portare avanti quel processo di partecipazione e condivisione delle scelte avviato con gli incontri di ascolto, probabilmente il risultato in termini di consenso sarebbe stato diverso.
Come vi dissi proprio in occasione di quegli incontri, io ero assolutamente consapevole del fatto che non si sarebbe comunque mai arrivati ad un piano che potesse star bene a tutti.
Questo perché gli interessi sono inevitabilmente diversi e anche contrastanti.
Ma perlomeno al piano ci si sarebbe arrivati con un processo condiviso.

Ed è proprio con un approccio di questo tipo che vi propongo di avviare un cambiamento.
Tra 9 mesi andremo a votare per le amministrative.
A questo appuntamento ci possiamo arrivare in due modi.

Qualcuno può decidere di sciogliere le riserve, di candidarsi, dicendo che la squadra la farà lui, scegliendo lui le persone giovani e nuove che costituiranno questa squadra, accanto ad alcuni esperti della vecchia guardia e dicendo che il programma c’è già.
Questo può essere un approccio, che io per evidenti ragioni non condivido.

Un altro approccio può consistere nel lasciar da parte le questioni legate ai nomi e alla lista, e partire invece dal cercare insieme una risposta alla domanda “Che cosa vogliamo per San Felice e per la nostra comunità?”
Confrontarsi dunque sui diversi temi di cui un’amministrazione comunale si occupa, costruire insieme un programma di lavoro per i prossimi cinque anni.
E, soprattutto, aprire, come già vi ho detto, a tutti coloro che vogliono essere parte attiva nel governo locale. A tutti coloro che hanno voglia di confrontarsi su temi quali le politiche urbanistiche, le politiche per il turismo, le politiche sociali, le politiche giovanili…. Non certo con l’obiettivo di trovarci tutti d’accordo, ma di far emergere le diverse posizioni, le idee che ciascuno di noi ha su questi temi.
Io credo che il confronto possa aiutare tutti a crescere, a capire le ragioni dell’altro, a trovare insieme un modo per risolvere le conflittualità.

A tal proposito, vorrei sottolineare il fatto che vi sono tanti modi di essere parte attiva.
C’è chi è attivo perché ha un ruolo istituzionale, di sindaco, assessore, consigliere comunale o membro di una commissione, ma c’è anche chi è attivo perché prende parte ad un confronto costruttivo come quello che vogliamo proporvi.
Per intenderci, vorrei che fosse ben chiaro che quello che vi stiamo chiedendo oggi non è di entrare a far parte di una lista che si presenterà alle prossime amministrative.

Vi stiamo proponendo di chiedervi cosa vorreste che fosse la San Felice del futuro, o cosa non vorreste che fosse.
Questa vuole essere la prima serata, fatta alla luce del sole, di una serie che speriamo lunga e proficua.

Se poi lavorando insieme ci renderemo conto che ci sono anche le forze per trasformare questo nostro essere attivi in qualcosa di più, ben venga. Se troveremo al nostro interno una persona che può avere le forze, il tempo, ma soprattutto il carisma per essere il nostro candidato sindaco, allora avremo lavorato con lui e per lui. E allora costruiremo insieme la sua squadra.
Soprattutto, avremo sperimentato che anche se si hanno idee diverse, il metodo deve essere uno solo: quello del confronto e della discussione.

Non abbiamo ricette preconfezionate per un buon governo locale. Abbiamo alcune idee che vorremmo condividere con voi, e soprattutto vi proponiamo di provare a percorrere insieme questo cammino.
Ciò che vi proponiamo è un qualcosa a cui siamo giunti dopo l’esperienza che ci ha visti, in maniera differente, coinvolti nel governo di San Felice in questi ultimi anni.
Un’esperienza che a nostro avviso ha avuto tra le sue criticità maggiori proprio l’assenza di partecipazione.
La quasi totalità dell’amministrazione attuale ha sempre creduto che, siccome è stata eletta, allora sa ciò che è bene o ciò che è male per la comunità di San Felice, e non serve confrontarsi con essa, e neanche informarla di ciò che si è fatto o si vuole fare.
Io credo che questo atteggiamento arrogante faccia a pugni con ciò che, nel 2004, durante la campagna elettorale, più cittadini avevano chiesto, quando avevano detto “però non aspettate le prossime elezioni per farvi risentire”.
Io questo lo lessi come un chiaro appello a voler essere parte attiva del governo di San Felice, da parte di chi non sta in prima linea ma non per questo non ha il diritto di essere ascoltato, soprattutto quando si devono fare scelte importanti.

Riallacciandomi dunque a ciò che vi dicevo prima, l’eventuale squadra che dovesse nascere alla fine di questo percorso, dovrà essere fatta da chi lavorerà in prima linea, ma anche da chi lavorerà nelle retrovie.
E il lavorare insieme seguirà lo stesso metodo della partecipazione e del confronto che vi stiamo proponendo questa sera, ed in questo starà la forza della squadra. In questo starà la sua capacità di superare insieme i momenti difficili che inevitabilmente un’amministrazione incontra. E ve lo dico per esperienza diretta, non per sentito dire.

Allora, se siete d’accordo, cominciamo!

mercoledì 5 novembre 2008

Smottamento a S.Felice la collina finisce nel lago

I temporali, il vento e la pioggia battente non hanno risparmiato il Garda e il suo entroterra. I disagi e i danni sono stati contenuti, tranne a San Felice dove dal Vallone della Selva è partito uno smottamento di alcune centina di metri cubi di terra che si è staccato dal versante collinare per riversarsi prima sulla strada litoranea per Salò, e poi in parte nel lago.
Al confine tra San Felice e Salò ieri mattina c'erano due metri di fango e la pioggia scrosciante non ha favorito una situazione, che rimane comunque a rischio. La strada è stata riaperta al traffico in mattinata, ma la ruspa chiamata a ripulire è rimasta tutto il giorno attiva. La causa è l'abbondante acqua piovana tracimata dal suo rio naturale. La situazione vista dall'alto era preoccupante: il giardino di chi abita nella parte interessata stava un poco alla volta letteralmente cadendo.
Meno grave, invece, è stata la situazione di via Monte a Padenghe, nella zona sotto il castello, all'incrocio con via Pralongo. In quel tratto di collina non abitato uno smottamento ha bloccato la strada, che è stata ripulita durante la mattina. I Vigili del Fuoco di Desenzano ieri pomeriggio sono anche intervenuti, assieme alla Provincia, per uno smottamento lungo la Sp 567 in territorio di Lonato. Il terreno non ha però occupato la carreggiata evitando disagi. Durante la nottata tra lunedì e martedì erano intervenuti anche per alcuni allagamenti a Desenzano e a Lonato. Anche la Polizia locale della Valtenesi nella stessa nottata ha ricevuto numerose chiamate per allagamento e ha chiuso, oltre alle zone degli smottamenti, anche via San Michele a Moniga e via Monstagol a Soiano dove i tombini si alzavano non riuscendo a contenere l'acqua che aveva reso la strada pericolosa.
Problemi di allagamento si sono verificati anche a Manerba in via Trevisago all'altezza del plesso commerciale del Penny Market, dove sono intervenuti i Vigili del Fuoco di Salò. Durante la forte pioggia l'acqua che scende dai campi si infila in un canale ma all'altezza del centro commerciale fuoriesce e si blocca con un dosso allagando un tratto di strada con disagi nelle case circostanti. In tutto la squadra di Salò ha effettuato una quindicina di interventi da Gardone in giù, tra cui anche a Castelletto, frazione di Polpenazze, dove l'altra notte c'è stato uno smottamento. I Volontari del Garda, oltre ad aver avuto a che fare con vari allegamenti di cantine e garage, sono intervenuti a Muscoline per un albero caduto sulla strada.
Le abbondanti piogge hanno lasciato il segno anche a Mazzano, dove la notte scorsa è semicrollato il tetto di uno stabile. Danni contenuti.

di Enrico Grazioli - Cristian Tavelli
BresciaOggi del 5 novembre 2008

martedì 4 novembre 2008

San Felice parla di San Felice

Si svolgerà a San Felice un incontro pubblico finalizzato ad un confronto costruttivo sui temi che riguardano la nostra comunità e il nostro territorio.
L'appuntamento è per martedì 11 novembre 2008 alle ore 20:30 presso la sala consiliare nel palazzo ex-Monte di Pietà.
L'incontro sarà coordinato da Michela Tiboni, consigliere comunale.


Il titolo scelto, "San Felice parla di San Felice", spero riesca a rende l'idea di fondo di questo incontro: non esistono ricette preconfezionate per il nostro paese e tanto meno qualcuno ha tutte le soluzioni in tasca, solo San Felice (tutti noi) può parlare di San Felice, confrontarsi, riflettere e decidere per il futuro della nostra comunità e del nostro territorio.

Il mio personale auspicio è che possano (e vogliano) partecipare tutti coloro che credono che sia possibile confrontarsi su temi importanti e per il bene dell'intera comunità, al di là degli schieramenti politici e delle logiche locali precostituite.

Rassegna della MicroEditoria Italiana a Chiari

Si svolgerà a Chiari (BS) - Villa Mazzotti - dal 7 al 9 Novembre 2008 la sesta Rassegna della MicroEditoria Italiana.

lunedì 3 novembre 2008

L'Università di Brescia e la legge 133

Preti boccia la riforma«Pronto a dimettermi»

L’Università statale di Brescia si ribella al «linciaggio mediatico». Replica punto per punto a chi spara nel mucchio e parla di atenei «utili solo a professori che se ne infischiano della ricerca», di atenei che «moltiplicano inutili corsi di studio frequentati da pochi studenti» e sfornano «lauree per disoccupati». Denuncia, per contro, l’impossibilità di mantenere gli standard di qualità conservati fino ad oggi (anche facendo ricorso a fondi propri) con i tagli annunciati dalla legge 133 Finanziaria varata dal ministro dell’Economia Giulio Tremonti. E il rettore Augusto Preti si dice «pronto a rassegnare le dimissioni» se le cose non cambieranno.
L’UNIVERSITÀ bresciana è scelta da oltre tremila matricole all’anno. Dispone di corsi di laurea appetibili perchè rispondono alle esigenze del sistema economico e produttivo del territorio. Si è sempre rifiutata di attivare altre facoltà senza la possibilità di garantire ricerca, docenti e sedi adeguate. I tre quarti dei suoi studenti triennali prendono la laurea in tempi regolari e il resto con un anno di ritardo. Dei 180 laureati nella specialistica solo 10 hanno ritardato di sei mesi, e solo 22 sui 144 delle lauree magistrali a ciclo unico.
Quasi il 90 per cento dei suoi laureati specialisti lavora, gli altri continuano gli studi e solo una parte infinitesimale non trova occupazione entro un anno. I docenti di prima fascia sono 164 come quelli di seconda, pari ciascuno al 28 per cento del totale, mentre i 259 ricercatori raggiungono il 44 per cento a fronte del 38 nazionale. Nella valutazione Civr del triennio 2001-03 ha ottenuto punti sopra la media anche nei settori disciplinari in cui è meno forte. E intanto dal 2010 si vedrà tagliare i fondi statali da 69,5 a 62,7 milioni di euro.
IL SENATO accademico mercoledì scorso ha approvato una mozione in cui prende atto del crescente disagio provocato dai provvedimenti del Governo, e sottolinea che «l’università di Brescia non può in alcun modo essere omologata ai casi di mala università, presenti, circoscritti e non generalizzabili». Perciò chiede «che il Governo proceda «con la massima sollecitudine alla costituzione e attivazione dell’Agenzia di valutazione della ricerca e della didattica, premessa indispensabile per fare chiarezza e avviare gli interventi correttivi necessari».
Ieri mattina il rettore Preti, il prorettore Giancarlo Provasi e i presidi di Ingegneria Pier Luigi Magnani, di Medicina Lorenzo Alessio, di Economia Claudio Teodori e di Giurisprudenza Antonello Calore hanno presentato puntigliosamente i conti della Statale bresciana per ribadire che «non si può fare di ogni erba un fascio e gli atenei virtuosi devono avere la possibilità di sopravvivere».
Perché il punto è proprio quello. Con i tagli previsti rischiano di scomparire i piccoli che fanno bene. «Tutti noi siamo disposti a riconoscere che ci sono molte cose da fare per migliorare il sistema - dice Preti -, ma non siamo disposti ad essere valutati per slogan». E di fronte al proliferare di atenei anche telematici che sfornano corsi senza sbocchi occupazionali, contro cui oggi si punta l’indice, il rettore si chiede chi li abbia voluti «se non il Parlamento». Dal Piano per l’università annunciato dal ministro Gelmini Preti si aspetta che «per i prossimi tre anni tutti tirino la cinghia e intanto si risana dove si può». A questo ci sta, a colpire nel mucchio proprio no.

Ecco perché Brescia non merita alcun taglio

I corsi di studio sono troppi, e senza studenti? Le università servono soprattutto ai professori per far carriera? Producono ricerca scarsa e scadente? Spendono male i finanziamenti ricevuti? Cifre alla mano, la Statale bresciana rimanda le accuse al mittente. Lo fanno il rettore Augusto Preti, il prorettore Giancarlo Provasi e i presidi delle quattro facoltà.
TUTTI I CORSI dell’Università di Brescia «sono stati sollecitati dalle istituzioni locali - dice Preti - e con la riforma che partirà l’anno prossimo accorperemo i due triennali di Giurisprudenza: Operatore giuridico di impresa e Consulenti del lavoro. E chi si è iscritto l’anno scorso o quest’anno avrà passaggio facile al nuovo ordinamento». L’ateneo non ha mai ceduto alla tentazione di istituire lauree tipo Scienze della comunicazione, che sfornano laureati destinati alla disoccupazione. I suoi corsi sono tarati sulle esigenze del mercato del lavoro bresciano. Una ricerca del Cilea sui laureati lombardi del 2006 dice che dopo un anno lavora il 97 per cento dei laureati triennali nelle professioni sanitarie, il 48 per cento degli economico-statistici (il 42 continua con la specialistica), il 29 di ingegneria (il 68 continua), e così via (vedi tabella). Caso mai «il problema è che troppi continuano gli studi - dice Preti -: ciò significa che le triennali non hanno centrato l’obiettivo, ma hanno contribuito ad aumentare i corsi di laurea».
Queste cose le sanno anche gli studenti, che in 3.070 quest’anno hanno scelto Brescia. qualcosa meno dell’anno scorso. Scienze Motorie ha dovuto offrire 30 posti in più a grande richiesta. Cala del 10 per cento Ingegneria, un po’ meno Giurisprudenza, stazionaria Economia. «Non vogliamo crescere troppo - dice Preti - le nostre strutture sono adeguate ai numeri attuali». Anzi «a Ingegneria qualche corso di laurea è penalizzato». Servirebbe qualche struttura in più, ma «i fondi che abbiamo accantonato servono per chiudere i bilanci in pareggio - osserva il rettore - e non possiamo più utilizzarli per le sedi». L’anno scorso il pareggio è costato 4 milioni, altrettanti se ne prevedono quest’anno. Ma i trasferimenti statali caleranno, mentre «gli stipendi di dipendenti e professori aumentano (di 2,5 milioni) e non per decisione dell’università, gli studenti già contribuiscono con le tasse al 20 per cento massimo consentito, e far quadrare i conti diventerà sempre più difficile».
A chi dice che non si fa ricerca, Preti replica che i professori di prima e seconda fascia fanno il 28 per cento ciascuno, contro oltre il 30 del dato nazionale, mentre i 259 ricercatori fanno il 44 per cento contro il 38 del resto d’Italia. E per zittire chi parla di corsi per pochi, Preti osserva che a Brescia ci sono 30.72 studenti per docente a Economia (33.76 in Italia), 38.09 a Giurisprudenza (35.31), 17.66 a Ingegneria (18.93) e ben 19.10 a Medicina contro una media di 12.38.
Oltre alla didattica, la ricerca di qualità: per risultati della ricerca Brescia è al sesto posto su 15 nel settore medico, al quarto su 18 per la biologia, al secondo su 18 per ingegneria industriale e dell’informazione, al primo su 13 per le scienze dell’antichità e filologico artistiche. «Bisogna smetterla di dire che i nostri studenti e ricercatori non valgono - tuona Preti -: si mortifica gente che merita». Ma il virtuosismo della Statale traspare pure dall’uso dei soldi. Mentre il 70 per cento degli atenei italiani è fuori legge perché spende oltre il 90 per cento dei finanziamenti solo per pagare gli stipendi, Brescia si ferma al 75.

di Mimmo Varone
da BresciaOggi - sabato 1 novembre 2008 cronaca pag. 8